19 maggio 2020: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi tutti, vicini e lontani,

la sete di guadagno, cercando di sfruttare l’ingenuità, o le necessità, degli altri, non è cosa di oggi; purtroppo questo “virus” ha sempre albergato nel cuore dei furbetti. Accadeva anche ai tempi di Paolo. Per meglio capire il perché stiamo dicendo questo, è bene leggere, prima del brano odierno (Atti 16,22-34) i versetti da 16 a 21 che lo precedono. Paolo e Sila si rendono ben presto conto che la sedicente “veggente” è al servizio di qualcuno che lucra sulle sue “predizioni” e, in seguito all’intervento dell’Apostolo, vedono sfumare una buona fonte di guadagno. Quindi, i due, vengono trascinati davanti ai magistrati romani, percossi duramente e messi ar gabbio sotto stretta sorveglianza. Ma i nostri due missionari non si perdono d’animo, figuramose, e con i canti di lode riescono anche a coinvolgere gli altri “galeotti”. E l’intervento salvifico di Dio non si fa attendere: un forte terremoto fa aprire le porte delle celle liberandoli anche dalle catene. Il carceriere, credendo che i prigionieri si siano dati alla fuga e sapendo bene cosa lo aspetta per non aver fatto buona guardia, decide di togliersi la vita, ma Paolo lo invita a desistere. Il Signore interviene nel cuore di quell’uomo che chiede cosa deve fare per essere salvato. L’epilogo lo potete ben leggere da soli.

Un particolare: il brano di domani, come spesso avviene  in campo liturgico, salterà i versetti finali del capitolo 16; li riassumiamo, ma vi invitiamo, comunque, a leggerli. Paolo, da buon ex-fariseo, è un tipo “tosto” che nun se fa passà la mosca sotto er naso. Le percosse ricevute per ordine dei magistrati di Filippi, infatti, sono state del tutto arbitrarie perché inflitte, senza aver indagato prima, a due cittadini romani e il Diritto Romano concedeva loro alcuni privilegi uno dei quali impediva proprio che fossero sottoposti pubblicamente a questa umiliazione. Ai magistrati, venuti a conoscenza di questo, je pija la strizza, e sono costretti a presentare ai due delle formali scuse.  Se Paolo e Sila avessero voluto avrebbero potuto, a loro volta, denunciarli. Ma loro erano buoni…

Ma torniamo a noi.

La domanda che ricorre spesso, in questi capitoli degli Atti, da parte di coloro che si rendono disponibili all’annuncio è “cosa devo fare per essere salvato?”. E ciò che ne consegue, dopo aver ricevuto il battesimo, in genere insieme a tutta la famiglia, è la grande gioia che questi vengono a provare. Sembra essere un ritornello con questi elementi: salvezza, famiglia, gioia. La salvezza viene offerta dal Signore non solo al singolo, ma alla comunità, in questo caso la famiglia, che accoglie questo dono con gioia. Come pastori di questa comunità parrocchiale troviamo una grande consolazione quando vediamo, presenti alla celebrazione Eucaristica, famiglie intere che, insieme vi partecipano. Lo consideriamo un grande dono di Dio.

Preghiamo:

Concedi Signore che le nostre famiglie diventino sempre più chiese domestiche, piccole cellule che formano il Tuo corpo mistico che è la Chiesa. Ti preghiamo perché i genitori siano sempre, per i figli, i primi testimoni della fede e i giovani possano sempre trovare in loro dei punti di riferimento per crescere nel Tuo amore. Amen

A tutti, in modo particolare, papà, mamme e figli, un abbraccio e buona giornata.

PG&PGR