4 agosto 2020: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi tutti,

crediamo che a tutti noi sia capitato di usare espressioni comuni come “Che peccato..!”…”E’ un peccato che…”, e tante altre ancora dove la parola “peccato” diventa sinonimo di qualcosa che ci si aspettava e non si è realizzato o che si è realizzato contro le nostre aspettative: un uso quanto meno improprio di un termine che ha un significato preciso. Il Catechismo della Chiesa Cattolica così lo definisce: “Il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all’amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell’uomo e attenta alla solidarietà umana. È stato definito « una parola, un atto o un desiderio contrari alla Legge eterna».” (CCC 1849). A questo proposito San Francesco di Sales, nel TAD si chiede: “O Dio eterno, com’è possibile che un’anima che ha l’amore di Dio possa perderlo? Infatti l’amore, dove si trova, resiste al peccato: e come può accadere che il peccato vi entri dato che ‘l’amore è forte come la morte, resistente nel combattimento come l’inferno? (Ct 8,6). Come possono le forze della morte e dell’inferno, ossia i peccati, vincere l’amore che è perlomeno pari nella forza e li supera per assistenza e per legge? Come può accadere che un’anima ragionevole, una volta che ha gustato una così grande dolcezza, qual è quella dell’amore divino, possa volontariamente inghiottire le acque amare del peccato?…  e allora, buon Dio, l’anima, una volta giunta alla bontà del Creatore, come può abbandonarlo per seguire la vanità delle creature?” Il Salesio, grande conoscitore dell’animo umano, sembra quasi stupirsi di fronte alla scelta del peccato, cioè dell’allontanarsi, seppur in modo “provvisorio”, dall’amore di Dio. Certamente il suo non è stupore, ma dolore profondo per ogni anima che, facendo appello al proprio libero arbitrio, sceglie una strada sbagliata. E’ il limite di ogni essere umano quando non riesce a far spazio completamente dentro di sé per lasciarsi riempire della grazia divina. E quanto meno spazio, nel nostro cuore, si concede al Signore, tanto più ne guadagna il peccato. E’ curioso, ma vero, l’esempio che porta: “Se si buca una botte molto piena, non verserà una goccia di vino se non le si dà aria dal di sopra, cosa che non capita dove c’è già del vuoto, poiché appena le buchi il vino esce”. Questo accade anche in noi: se il nostro è un peccato “piccolo”, l’amore del Signore che è in noi, con la sua “pressione”, non permetterà “alla botte” di svuotarsi e la si potrà facilmente riparare; ma se lasciamo che quel “foro” si allarghi…allora saranno guai.

Non lasciamo dunque spazio al peccato che è sempre in agguato; quando ci accorgiamo che le “cose del mondo”, i nostri vizi, le nostre passioni, le nostre intemperanze, il nostro amor proprio vanno facendosi strada nel nostro animo, non aspettiamo, corriamo ai ripari: il Signore Gesù ci ha dato i mezzi per fare questo…non dimentichiamolo.

Preghiamo:

Signore, tu vedi la nostra debolezza che ci spinge ad allontanarci dalla tua grazia: vieni in nostro aiuto con la tua misericordia e suscita in noi il desiderio del tuo perdono, della tua amicizia, della tua grazia. Amen.

Che il Signore susciti in noi il desiderio di “riparare i buchi piccoli e grandi della nostra botte”, buona giornata,

PG&PGR

N.B. Oggi ricorre la memoria liturgica di San Giovanni Maria Vianney (1786-1859), meglio conosciuto come il santo Curato d’Ars il cui ministero si è “consumato”, quasi interamente, nel confessionale. Un esempio bellissimo per tutti i sacerdoti che sono impegnati, in modo particolare, nel ministero della Riconciliazione e della Direzione Spirituale. Nel 1929 il Papa Pio XI lo ha proclamato patrono dei parroci (e anche dei vice!). Nella vostra preghiera odierna ricordatevi anche di noi.