29 Novembre 2021: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

la quarta considerazione che Francesco di Sales ci offre ha come presupposto il ricevere da Dio “dolcezze e consolazioni” e la divide in sei punti; oggi ci occuperemo dei primi tre. Primo punto: cosa fare di fronte a questi doni di Dio? Come accoglierli? Dice il Nostro: “Dobbiamo umiliarci profondamente davanti a Dio; stiamo bene attenti a non dire, provando quelle dolcezze: come sono santa! Filotea, quelli sono doni che non ci rendono migliori, perché, come ho già detto, la devozione non consiste in questo. Diciamo invece: Com’è buono il Signore con quelli che sperano in lui, con l’anima che lo cerca! Chi ha dello zucchero in bocca non può dire che sia la sua bocca ad essere dolce, ma deve dire che è lo zucchero che è dolce; la dolcezza spirituale che ci viene data è senz’altro ottima e ottimo anche Dio che ce la dà, ma non se ne conclude che sia buono anche chi la riceve!” Questo ci mette di fronte alla personale responsabilità della nostra libertà e ci impone una domanda: cosa ne faccio dei doni che Dio mette nelle mie mani? Li custodisco gelosamente e, magari, egoisticamente, o sono disposto/a a farne partecipi gli altri senza sentirmi migliore di loro? Secondo punto: continua: “Riconosciamo di essere ancora bambini bisognosi di latte e che, se ci vengono date queste zollette di zucchero, è perché abbiamo ancora lo spirito tenero e delicato, che ha bisogno di allettamenti e di lusinghe per essere attirato all’amore di Dio.” Queste parole richiamano, in modo velato, ciò che San Paolo scrive ai Romani (3,1-3): “Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a uomini spirituali, ma come ad esseri carnali, come a neonati in Cristo. Vi ho dato da bere latte, non un nutrimento solido, perché non ne eravate capaci. E neanche ora lo siete; perché siete ancora carnali: dal momento che c’è tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera tutta umana?” Ci sembra che tali parole possano essere applicate anche a noi cristiani del terzo millennio! Ed ecco cosa aggiunge nel terzo punto: “Tenendo presente tutto ciò, in linea di massima, prendiamo l’abitudine di ricevere con umiltà quelle grazie e quei favori, stimandoli molto grandi, non tanto perché lo sono in se stessi, ma ancor più perché vengono dalla mano di Dio, che li pone nel nostro cuore. Proprio come una madre che, per dimostrare affetto al figlio, gli mette in bocca con la propria mano, una dopo l’altra, le zollette di zucchero e le caramelle; se il bambino è sensibile apprezza molto di più la dolcezza, la grazia e la carezza della mamma, che lo zucchero delle caramelle.” Il richiamo all’umiltà anche nel saper accogliere i doni di Dio, non poteva mancare: li riceviamo non perché siamo “bravi” e migliori degli altri, ma per farne tesoro e imparare, attraverso di essi, ad annunciare con la vita le grandi opere di Dio. Francesco conclude questo punto dicendo: “Vedi, Filotea, possedere delle dolcezze è molto, ma la dolcezza più grande è sapere che è Dio con la sua mano amorevole e materna a depositarcele in bocca, nel cuore, nell’anima, nello spirito.” E’ dunque sempre lo Spirito di Dio che, attraverso ogni uomo e donna di buona volontà, opera. A domani per la conclusione di questo lungo e impegnativo capitolo.

Preghiamo

Signore, tutti i Tuoi doni sono frutto della Tua paterna e materna bontà nei nostri confronti. L’azione del Tuo Spirito ci aiuti a viverli profondamente e a metterli a disposizione del nostro prossimo. Amen

Ed oggi? Proviamo a fare una sorta di “inventario” dei nostri doni… Buona giornata,

PG&PGR