7 Giugno 2022: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

dopo aver parlato della fede di Abramo e, anche se in modo non esplicito, degli altri Patriarchi, il nostro documento, facendo un salto di circa sei secoli, prende in esame la fede della loro discendenza, il popolo d’Israele: “La storia del popolo d’Israele, nel libro dell’Esodo, prosegue sulla scia della fede di Abramo. La fede nasce di nuovo da un dono originario: Israele si apre all’azione di Dio che vuole liberarlo dalla sua miseria. La fede è chiamata a un lungo cammino per poter adorare il Signore sul Sinai ed ereditare una terra promessa. L’amore divino possiede i tratti del padre che porta suo figlio lungo il cammino (cfr Dt 1,31). La confessione di fede di Israele si sviluppa come racconto dei benefici di Dio, del suo agire per liberare e guidare il popolo (cfr Dt 26,5-11), racconto che il popolo trasmette di generazione in generazione”. Da mettere in risalto è l’azione gratuita di Dio: è Lui a fare il primo passo verso il popolo. La stessa cosa Egli fa nei confronti di tutti noi, il nuovo popolo d’Israele, la Chiesa, nata dal costato del Cristo crocifisso. Dio continua a liberarci dalle nostre miserie. Continua: “La luce di Dio brilla per Israele attraverso la memoria dei fatti operati dal Signore, ricordati e confessati nel culto, trasmessi dai genitori ai figli. Impariamo così che la luce portata dalla fede è legata al racconto concreto della vita, al ricordo grato dei benefici di Dio e al compiersi progressivo delle sue promesse. L’architettura gotica l’ha espresso molto bene: nelle grandi Cattedrali la luce arriva dal cielo attraverso le vetrate dove si raffigura la storia sacra. La luce di Dio ci viene attraverso il racconto della sua rivelazione, e così è capace di illuminare il nostro cammino nel tempo, ricordando i benefici divini, mostrando come si compiono le sue promesse.[12] Il Papa vuole sottolineare che la fede, pur essendo un dono di Dio, ha bisogno dell’azione dell’uomo nel “ricordare” e “trasmettere”; da questa risposta dell’uomo dipende la trasmissione della fede. Ah, se tanti i genitori si facessero veramente carico di questa responsabilità…! Ma la tentazione (quante volte lo abbiamo detto!) è sempre in agguato e il maligno vuole, a tutti i costi, ostacolare l’azione di Dio agendo astutamente sull’uomo: “La storia di Israele ci mostra ancora la tentazione dell’incredulità in cui il popolo più volte è caduto. L’opposto della fede appare qui come idolatria. Mentre Mosè parla con Dio sul Sinai, il popolo non sopporta il mistero del volto divino nascosto, non sopporta il tempo dell’attesa. La fede per sua natura chiede di rinunciare al possesso immediato che la visione sembra offrire, è un invito ad aprirsi verso la fonte della luce, rispettando il mistero proprio di un Volto che intende rivelarsi in modo personale e a tempo opportuno. Martin Buber citava questa definizione dell’idolatria offerta dal rabbino di Kock: vi è idolatria « quando un volto si rivolge riverente a un volto che non è un volto». Invece della fede in Dio si preferisce adorare l’idolo, il cui volto si può fissare, la cui origine è nota perché fatto da noi. Davanti all’idolo non si rischia la possibilità di una chiamata che faccia uscire dalle proprie sicurezze, perché gli idoli « hanno bocca e non parlano » (Sal 115,5)”. Aprire qui un discorso sull’idolatria “moderna” sarebbe troppo lungo. Proviamo, comunque, a pensare a quanti “idoli” si frappongono tra l’uomo e Dio: denaro, potere, autosufficienza, ricerca affannata di sicurezza, ecc. Tutto questo porta l’essere umano a fare di se stesso il centro dell’universo, ad idolatrare se stesso. Dice, infatti Francesco papa: “Capiamo allora che l’idolo è un pretesto per porre se stessi al centro della realtà, nell’adorazione dell’opera delle proprie mani. L’uomo, perso l’orientamento fondamentale che dà unità alla sua esistenza, si disperde nella molteplicità dei suoi desideri; negandosi ad attendere il tempo della promessa, si disintegra nei mille istanti della sua storia. Per questo l’idolatria è sempre politeismo, movimento senza meta da un signore all’altro”.

Ricordate le biglie del “flipper”? Tanti meccanismi che le facevano andare di qua e di là, come impazzite fin quando un colpo inaspettato le faceva cadere nel…vuoto. Aggiunge il Santo Padre: “L’idolatria non offre un cammino, ma una molteplicità di sentieri, che non conducono a una meta certa e configurano piuttosto un labirinto. Chi non vuole affidarsi a Dio deve ascoltare le voci dei tanti idoli che gli gridano: “Affidati a me!”. La fede in quanto legata alla conversione, è l’opposto dell’idolatria; è separazione dagli idoli per tornare al Dio vivente, mediante un incontro personale”. E conclude: “Credere significa affidarsi a un amore misericordioso che sempre accoglie e perdona, che sostiene e orienta l’esistenza, che si mostra potente nella sua capacità di raddrizzare le storture della nostra storia. La fede consiste nella disponibilità a lasciarsi trasformare sempre di nuovo dalla chiamata di Dio. Ecco il paradosso: nel continuo volgersi verso il Signore, l’uomo trova una strada stabile che lo libera dal movimento dispersivo cui lo sottomettono gli idoli.[13] Non stanchiamoci, dunque, di volgere il nostro sguardo verso il Signore.

Preghiamo:

Signore, le tentazioni del mondo sono tante e aumentano sempre più. Aiutaci a non volgere il nostro sguardo lontano da Te per seguire false illusioni che, come gli idoli, “Hanno bocca e non parlano”. Amen

Ed oggi, guardando al passato, rimettiamoci in cammino con la fiducia di figli. Buona giornata,

PG&PGR

P.S. Scusate se qualche volta siamo un po’…abbondanti! Sopportateci… grazie.