10 Novembre 2022: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

con il capitolo 18 che affrontiamo oggi, si conclude il Primo Libro del Trattato dell’Amor di Dio che, come è già stato detto, è una sorta di preparazione a tutta l’opera. Certo, da ciò che abbiamo letto, soprattutto in questi ultimi giorni, si potrebbe concludere che l’inclinazione naturale che c’è in noi ad amare Dio più di ogni altra cosa, sia irraggiungibile e, dunque, perfettamente inutile! Se consideriamo questo “scoglio” insormontabile tiriamo i remi in barca, chiudiamo qui la nostra riflessione, ricollochiamo il TAD al suo posto in biblioteca e dedichiamoci ad altro. Ma… lo stesso Francesco di Sales ci mette in guardia contro questa tentazione di “resa incondizionata” e lo fa provocandoci con alcune domande: “Se non possiamo naturalmente amare Dio sopra tutte le cose, perché vi siamo naturalmente inclinati? Non è inutile che la natura ci spinga verso un amore che non può darci? Perché ci rende assetati di un’acqua così preziosa, se non può darcela da bere?” Ma può Dio che è pieno di misericordia abbandonarci in balia della nostra incapacità? Può Dio essere così severo da non venirci in soccorso? Ed ecco la riflessione del Salesio: “Ah, Teotimo, quanto è stato buono Dio con noi! …L’infinita clemenza di Dio non seppe essere così rigorosa con l’opera delle sue mani. Vide che noi eravamo circondati di carne, che eravamo un vento che nel suo corso si dilegua e non ritorna più; perciò, secondo l’infinita sua misericordia non volle rovinarci del tutto, né toglierci il segno della grazia perduta, affinché, volgendoci a lui e sentendo in noi questa tendenza e propensione ad amarlo, ci sforzassimo di farlo…” Quello che Dio ci chiede, allora, non è il “pieno successo”, ma l’impegno, la fedeltà, l’abbandono delle “certezze” umane; in altre parole ci chiede di fidarci di Lui. Ascoltiamo le parole incoraggianti del Nostro: Anche se con la sola inclinazione naturale non possiamo giungere alla felicità di amare Dio come si deve, tuttavia, se la impieghiamo fedelmente, la dolcezza della pietà divina ci darà un aiuto, per mezzo del quale potremo avanzare”. E non solo! Aggiunge, per rinvigorire la nostra speranza: “Se assecondiamo questo primo aiuto, la paterna bontà di Dio ce ne darebbe un secondo più consistente, ed avanzeremo di bene in meglio, con molta dolcezza, fino al supremo amore verso cui ci spinge la nostra inclinazione naturale.” Non sono speranze “campate in aria” e la conferma di questo ci viene direttamente dal Vangelo che ci assicura che “a colui che è fedele nel poco, e fa quanto gli è possibile, la clemenza divina non nega mai la sua assistenza per farlo progredire sempre di più”(Cfr. Mt 25,21-23). In questo sta la bontà di Dio! A noi Egli chiede semplicemente di sentirci Suoi, nonostante il nostro libero arbitrio. Il Primo Libro si chiude con un richiamo al Salmo 4 che “chiama questa inclinazione non soltanto luce, perché ci fa vedere verso che cosa dobbiamo tendere, ma anche gioia e allegria, perché ci consola nello smarrimento dandoci la speranza che colui che ci ha lasciato l’impronta e il segno della nostra origine, voglia ancora e desideri ricondurci e riprenderci, se siamo veramente tanto avveduti da lasciarci riconquistare dalla sua bontà”. E nell’essere riconoscenti per tanta pazienza e bontà, preghiamo

Padre di bontà e di misericordia che, nonostante le nostre infedeltà, continui ad amarci di amore infinito, rafforza in noi i doni della Tua grazia e donaci la Tua luce, la sola che può illuminare le nostre tenebre. Amen

Ed oggi, ancora una volta, ringraziamo il Padre che non smette di amarci. Buona giornata,

PG&PGR