30 Dicembre 2022: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

andiamo avanti col il diciassettesimo capitolo che intendiamo terminare prima della fine di quest’anno…! Un versetto del Libro della Sapienza (15,2) afferma che noi apparteniamo a Dio e Francesco di Sales, di conseguenza, giustamente afferma: “Non è Dio che appartiene a noi, ma noi apparteniamo a lui; egli non dipende da noi, ma noi da lui.

Insomma, amando Dio in quanto bene supremo egli non riceve nulla da noi, ma noi riceviamo da lui; egli esercita la sua bontà e la sua generosità verso di noi, e noi dimostriamo la nostra indigenza e penuria. Amare pertanto Dio come sommo bene è amarlo a titolo onorifico e rispettoso, per cui lo riconosciamo nostra perfezione, nostro riposo e fine ultimo, il cui godimento costituisce la nostra felicità”. Avendo parlato in precedenza della “santa e ben ordinata concupiscenza”, fa una distinzione tra quella che si ha nei confronti di qualche persona, di un animale o di un oggetto particolarmente caro, affermando che questi li amiamo per la nostra “utilità”; altro è l’amore di concupiscenza, sempre santa, che comporta un vicendevole “godimento”. E’ questo il caso degli amici: “Ci sono dei beni dei quali godiamo, ma con gioia reciproca e vicendevolmente uguale, come i nostri amici, perché l’amore che portiamo loro, in quanto ci rendono contenti, è vero amore di concupiscenza, ma concupiscenza onesta, per cui essi sono nostri e noi siamo ugualmente loro, essi ci appartengono e noi apparteniamo a loro”. Ma attenzione: questo senso di appartenenza non deve trasformarsi in un qualche cosa di esclusivo, tanto meno scadere nella gelosia perché limiterebbe la libertà personale dell’altro. Andando più avanti l’Autore si sofferma a considerare l’amore di sana concupiscenza dei figli nei confronti dei genitori dicendo che “tale concupiscenza è un amore di rispetto, di riverenza e d’onore, perché, ad esempio, amiamo i nostri padri non perché sono nostri, bensì perché noi siamo loro. È in questo modo che amiamo e bramiamo Dio con la speranza: non affinché egli sia il nostro bene, ma perché lo è, non affinché sia nostro, ma perché noi siamo suoi, non come se Egli fosse fatto per noi, ma in quanto noi siamo fatti per Lui”. Essere “fatti per Dio” è ciò che caratterizza l’uomo e sentirsi Suoi dovrebbe riempirci di gioia di pace e, perché no, di sicurezza ben riposta anche di fronte alle difficoltà. San Paolo dice: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di Colui che ci ha amati»(Rom 8,35.37). Dio, lo abbiamo letto tante volte, è un Dio “geloso” che non abbandona mai ciò che è Suo. Chiediamoci quante volte, pur credendo in Lui, pur sentendoci Suoi figli adottivi, ci lasciamo prendere dalle ansie, dai timori, dalle incertezze rischiando di ottenebrare la speranza? Questo accade, dice Francesco, quando la speranza è slegata dalla carità in quanto solo in essa possiamo dire di amare Dio “amore sommo”.

Oggi, festa della Santa Famiglia di Nazaret preghiamo con le parole della liturgia

O Dio, nostro Padre, che nella santa Famiglia ci hai dato un vero modello di vita, fa’ che nelle nostre famiglie fioriscano le stesse virtù e lo stesso amore, perché, riuniti insieme nella tua casa, possiamo godere la gioia senza fine. Amen

Domani sera, cantando il “Te Deum” di ringraziamento ricordiamoci di tutti i doni che il Signore ci ha fatto in quest’anno, per il sostegno che ci ha offerto nei momenti di prova e chiediamo a Lui e alla Santa Famiglia di vegliare su tutti noi, sulle nostre famiglie, sui nostri amici vicini e lontani, sulle nostre comunità, sul nostro Paese, sull’Europa e sul mondo intero.

Ci ritroveremo lunedì 2 gennaio 2023. Il Signore ispiri in tutti noi e soprattutto in coloro che hanno responsabilità di governo, pensieri di pace. A tutti buon 2023.

PG&PGR