20 Marzo 2023: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

oggi celebriamo la Solennità di San Giuseppe…Come, direte voi, ma San Giuseppe non era ieri, il 19? Certamente, ma essendo anche la quarta domenica di Quaresima ed avendo questo  tempo liturgico la priorità, anche le Solennità slittano al giorno successivo. Chiarito questo, affidiamo a San Giuseppe l’incontro odierno che, non lo neghiamo, presenta qualche difficoltà, e ascoltiamo ciò che, nella seconda parte del terzo capitolo, ci dice Francesco di Sales: “Nella compiacenza appaghiamo talmente la nostra anima di soddisfazioni, che non cessiamo di desiderare di appagarla ancora, e mentre gustiamo la bontà divina, vorremmo gustarla sempre più; mentre ci saziamo vorremmo sempre mangiare e mangiando ci sentiamo saziare.” Potremmo chiamarla una “sana ingordigia” quella che, dopo aver assaporato le delizie dell’amore di Dio, ci spinge a desiderarle ancora. Avete presente un bambino che, attaccato al seno della mamma, sembra non essere mai sazio? Una cosa del genere. Gli angeli stessi, pur stando sempre alla presenza di Dio, come dice San Pietro, desiderano contemplare i misteri del divino Salvatore (Cfr. 1Pt1,10-12). Il Nostro si chiede cosa vuol dire questo e, come sempre, ne dà anche la risposta: “Senza dubbio lo vedono sempre ma in un modo così gradevole e delizioso che la compiacenza che ne ricevono li appaga senza togliere loro il desiderio, e li fa desiderare senza privarli dell’appagamento; il godimento non viene diminuito dal desiderio, ma anzi ne risulta perfezionato; come pure il loro desiderio non è soffocato, ma anzi affinato dal godimento”. Quando noi ammiriamo qualcosa di bello, un’opera d’arte o un bel panorama o uno spettacolo della natura di quelli che lasciano “senza fiato”, non vorremmo mai staccare gli occhi da quella vista e ogni volta, magari, scorgiamo qualche particolare “nuovo”. Pensiamo anche agli innamorati…Non sono mai sazi di stare insieme. Facendo poi riferimento a quanto riporta la Naturalis Historia di Plinio, sempre lui, a proposito di un’erba particolare che ha la capacità di togliere la sete e la fame, senza però far perdere l’appetito, evitando di farsi troppi problemi di ordine scientifico, l’Autore ne ricava questo insegnamento: “Quando la nostra volontà ha incontrato Dio si riposa in lui, traendone una somma compiacenza e tuttavia non cessa di compiere il movimento del proprio desiderio; infatti come desidera amare, le piace anche desiderare, il desiderio dell’amore e l’amore del desiderio”. Avete ragione, ma vi avevamo avvertiti; non è un concetto semplice da capire e lo stesso Francesco, cosciente di questo chiede l’ausilio di Sant’Agostino che, commentando il salmo 105 dice che “si cerca sempre colui che si continua ad amare; l’amore cerca ciò che ha già trovato; non solo per averlo, ma per averlo sempre”. La conclusione dell’Autore, nonostante le difficoltà del testo, può comunque aiutarci a guardare avanti con fiducia e speranza: “In conclusione, Teotimo, l’anima che si trova nell’esercizio dell’amore di compiacenza grida continuamente nel sacro silenzio: Mi basta che Dio sia Dio, che la sua bontà sia infinita, che la sua perfezione sia immensa…” Forse anche San Giuseppe, tra un colpo d’ascia e uno di pialla, nella sua botteguccia di Nazaret, volgendo lo sguardo amorevole alla sua sposa intenta nei lavori domestici e a quel “frugoletto” che Dio aveva affidato alla sua custodia, avrà detto, tra sé e sé: Mi basta che Dio sia Dio…!

Preghiamo con le parole della liturgia odierna

Dio onnipotente, che hai voluto affidare gli inizi della nostra redenzione alla custodia premurosa di san Giuseppe, per sua intercessione concedi alla tua Chiesa di cooperare fedelmente al compimento dell’opera di salvezza. Amen

Ed oggi pensiamo: ma a me, basta che Dio sia Dio? Buona giornata,

PG&PGR

P.S. Se qualche Giuseppe (o Giuseppa, Giusy, Pina) è in… ascolto, Auguri e auguri a tutti i Papà.