5 Aprile 2024: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

nell’ultima parte del settimo capitolo il nostro Autore afferma che “ci sono certe inclinazioni che vengono considerate virtù, ma che virtù non sono, ma anzi favori e privilegi della natura”. Cosa distingue, dunque, una virtù da un dono naturale? E’ il merito che fa la differenza, accompagnato dall’impegno per “addomesticare” la propria indole e raggiungere determinati stati di vita. Le biografie del nostro santo ci dicono che la sua dolcezza non era frutto della sua indole piuttosto “focosa”, ma del suo forte impegno nel volerla vivere “smussando gli spigoli”. Anche le cattive inclinazioni, continua “non meritano alcun rimprovero fino a che, su tali disposizioni naturali, non innestiamo il libero e volontario consenso”. Anche in questo caso la volontà fa la “parte del leone”. Contrari alle virtù sono i vizi, ma bisogna fare bene attenzione a non cadere nell’inganno di pensare di essere virtuosi solo perché non si cade nel vizio contrario ad una determinata virtù. Ad esempio: chi è astemio non può certamente vantarsi di avere la virtù di stare lontano dall’alcol; chi si attiene ad un limitato consumo di cibo (perché è a dieta), non necessariamente possederà la virtù di chi se lo impone come penitenza. Aggiunge Francesco: “A molti sembra di possedere delle virtù, mentre hanno soltanto delle buone inclinazioni; e siccome tali inclinazioni possono esistere indipendentemente le une dalle altre, pensano che siano così anche le virtù”. In questo contesto viene chiamato in causa sant’Agostino che, in una lettera a san Girolamo, afferma che si possono anche avere delle virtù senza averne altre, ma si tratta di piccole virtù; lo stesso Agostino, infatti, si affretta ad aggiungere che le piccole virtù non potranno mai essere perfette se non sono sostenute da tutte le altre. In discorso cambia quando si parla di vizi: se ne possono avere alcuni senza necessariamente averne altri; anzi, dichiara il Salesio: “è impossibile averli tutti in una volta” Avviandosi a concludere il capitolo fa riferimento a chi, per qualche motivo, ha perduto alcune buone virtù. Ma questa perdita non necessariamente darà origine al vizio: chi non è più temerario a motivo, ad esempio, dell’età avanzata, non per questo dovrà essere considerato un codardo e chi, per necessità, non può più essere prodigo come lo era stato in passato, non potrà certamente essere accusato di avarizia. Non possiamo e non dobbiamo dimenticare, comunque, che la prima delle virtù cardinali, cioè quelle che hanno la funzione di “cardine” nella vita cristiana, è la prudenza e questa ci esorta a non pretendere di vivere tutte le virtù “ipso facto” ma, accompagnata dalla pazienza e dall’umiltà, ad imparare a praticarle tutte facendo del nostro meglio.

Preghiamo

Dio onnipotente ed eterno, che nella Pasqua del tuo Figlio hai offerto agli uomini il patto della riconciliazione e della pace, donaci di testimoniare nella vita il mistero che celebriamo nella fede. Amen

E allora, oggi, chiediamo al Signore la virtù della pazienza…soprattutto verso noi stessi. Buona giornata,

PG&PGR